Forse non tutti sanno che anche ad Agrigento è possibile ammirare gli stucchi di Giacomo Serpotta. Dopo aver visitato la valle potrete raggiungere il colle di Girgenti e recarvi a piedi al monastero di Santo Spirito che è poco distante dalla Via Atenea. Troverete delle belle sorprese che vi racconto in questo articolo.
Chi era Giacomo Serpotta?
Giacomo Serpotta è nato a Palermo, nel quartiere della Kalsa, nel 1656 ed era un artigiano che lavorava lo stucco, un materiale umile che era utilizzato per le decorazioni. La sua bravura e la sua intraprendenza gli hanno permesso di diventare uno scultore di grande fama.
Era “figlio d’arte” perché anche su padre era uno scultore così come il fratello Giuseppe e poi il figlio Procopio, insomma tutta la famiglia era una famiglia di stuccatori. Probabilmente a Roma Giacomo conobbe il barocco romano e potè ammirare le opere del Bernini perchè nelle sue opere si percepisce l’influenza del grande scultore. I risultati raggiunti lo resero famoso come “re dello stucco” perchè riuscì a creare , con questo materiale povero, dei veri capolavori.
Il re dello stucco
Fino ad allora lo stucco era sempre stato utilizzato per decorazioni accessorie e invece con Serpotta diventa protagonista. La tecnica utilizzata permette, infatti, di creare decorazioni di grande dimensione che non hanno nulla da invidiare alle statue di marmo ma che sono molto più economiche. La materia plastica, inoltre, consente grandi virtuosismi.
Per realizzare questo tipo di opere era necessario creare una struttura interna, portante, di legno, canne e foglie di palma e , se necessario, metallo. Questa era poi rivestita di corde, stracci e canapa e di strati di stucco sempre più raffinati. Lo stucco era composto da polvere di marmo, calce e gesso mescolati con altri ingredienti, quali ad esempio la colla di pesce o la caseina per migliorare la plasticità del materiale. Il primo strato erano grossolano (sabbia, calce, gesso, coccipesto) mentre il secondo, detto “finitura” era più raffinato e sottile e composto da polvere di marmo e calce. L’ultimo strato veniva ultimato con spatole calde e panni di lino secondo un procedimento detto “lustratura” che rendeva la superficie lucida come il marmo.
Purtroppo la patina originale non è più visibile a Santo Spirito a causa di un restauro che l’ha coperta e non possiamo far altro che immaginare i giochi di luce che avevano reso celebri queste opere.
Serpotta ad Agrigento: la chiesa di Santo Spirito
“Quella Badia, già castello feudale dei Chiaramonte, con quel portone basso tutto tarlato, e la vasta corte con la cisterna in mezzo, e quello scalone consunto, cupo e rintronante, che aveva il rigido delle grotte, e quel largo e lungo corridoio con tanti usci da una parte e dall’altra e i mattoni rosi del pavimento avvallato che lustravano alla luce del finestrone in fondo aperto al silenzio del cielo, tante vicende di casi e aspetti di vita aveva accolto in sè e veduto passare.” Pirandello, Uno, nessuno e centomila, libro VII, III.
La fondazione del Monastero di Santo Spirito
La fondazione del monastero di Santo Spirito ad Agrigento si lega alla figura di una donna eccezionale: la marchisa Prefolio, moglie di Federico I Chiaramonte. Ella nella seconda metà del XIII secolo fece una cospicua donazione alla chiesa. La donazione comprendeva, oltre all’edificio che probabilmente era stato il suo palazzo, anche case, terreni, una bottega, due mulini, una conceria, una certa quantità di bestiame e cinque schiavi. probabilmente, alla morte del marito, la nobildonna si ritirò a vita monastica. La scelta dell’ordine cistercense permetteva di conciliare preghiera e lavoro (nei campi ad esempio).
La tradizione ci tramanda che all’inizio il monastero accoglieva soltanto nobildonne. Per esempio, pare vi si sia rifugiata Costanza I dopo essere stata ripudiata dal marito Francesco Ventimiglia, conte di Geraci. Nei secoli la fisionomia del monastero si è modificata ma la tradizione di preparare dolci in pasta di mandorla e pistacchio è rimasta immutata.
Il cous cous dolce del Monastero di Santo Spirito
La tradizione narra che la ricetta di questo cous cous dolce fu insegnata alle monache da donne africane che, secondo l’atto del 1299, furono assegnate al monastero per svolgere alcuni lavori, come era prassi comune. Da allora questo dolce si prepara nei locali del monastero con la stessa ricetta che passa di generazione in generazione e che, se siete curiosi, potete degustare proprio li anzi, a mio parere, questo è uno dei motivi per visitare questo luogo!
Il Monastero di Santo Spirito
Il Monastero è il più antico dei monumenti chiaramontani in Sicilia e veniva chiamato Badia grande, che in dialetto diventa Bataranni e ci indica le notevoli dimensioni. La struttura originaria ha subito, nei secoli, diverse modifiche ma alcuni elementi originali, come il portale di accesso alla chiesa, restano ancora in situ.
La chiesa
Appena varcata la soglia della chiesa di Santo Spirito vi troverete immersi in un candore avvolgente e sarete attirati dalla ricchissima decorazione dell’altare e delle pareti della chiesa. Per la prima volta in questo edificio Serpotta ebbe la possibilità di lavorare a un progetto di ampio respiro: la decorazione di tutta la chiesa. Abbiamo la fortuna di aver ritrovato il contratto tra Serpotta e le monache cistercensi del monastero, con tutti gli accordi tra le parti per realizzare l’opera, un “atto di obbligazione” con data 23 marzo 1709. Secondo questo documento Giacomo Serpotta avrebbe dovuto decorare tutta la chiesa, dall’ingresso all’abside centrale e dal pavimento al soffitto e avrebbe dovuto completare il lavoro in 6 anni. Alcune note curiose: tranne il legno per costruire i ponteggi tutte le altre spese erano a carico del Serpotta, compresa “la carriatina dell’acqua” e la pulizia finale per rimuovere “sterri e polverazzi”, come si legge nel documento.
L’altare
La decorazione principale, riservata all’altare, rappresenta la gloria dello Spirito Santo. Lo Spirito è simboleggiato dalla colomba che si trova al centro. Da questa scendono i raggi dorati che occupano tutto lo sfondo e sono il simbolo della grazia. Riconosciamo in alto la figura di Dio e sotto San Bernardo e san Benedetto, fondatori dell’ordine. Intorno ci sono tanti angeli e figure femminili che rappresentano il lato umano dell’artista e che, in qualche modo, ci rendono la scena molto tenera.
Divertitevi a trovare i putti che si nascondono tra le nuvole, che giocano e che aggiungono vivacità alle scene.
I quadroni
Lungo la navata centrale ci sono 4 quadroni prospettici che illustrano episodi della vita di Gesù: la natività, l’adorazione dei magi, la presentazione al tempio e la fuga in Egitto. In quest’ultimo c’è un dettaglio buffo: un putto sussurra all’orecchio dell’asinello qualcosa, forse la giusta via da seguire, e l’animale lo ascolta con uno sguardo corrugato.
Informazioni utili
Potete visitare la chiesa
da lunedi a sabato dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.30; se trovate il portone chiuso potete bussare al monastero e chiedere che vi aprano.
Lo stesso per i dolci, bussate al citofono del portone difronte a voi a destra, con il rilievo della colomba e dei raggi (dello Spirito Santo) e chiedete di poter acquistare i dolci.
Indirizzo: Cortile Santo Spirito, 9 8, 92100 Agrigento AG
Per concordare una visita alla scoperta di questa affascinante luogo non vi resta che scrivermi! Sarò lieta di accompagnarvi.
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Per abbinare una visita alla valle dei templi seguite i miei consigli raccolti qui, invece per scegliere una spiaggia potete leggere questo articolo.
Altri suggerimenti relativi al centro storico li trovate a questo link.
Grazie, Laura